DOMENICA 20 NOVEMBRE 2005 › PRIMA PAGINA DELL'EDIZIONE LOCALE › PALERMO Pagina XXII
Politica e tv,
dallo spot di Andreotti al volto dei nostri politici arrestati
Neppure l´ombra della vergogna, ma quasi sempre il segno ben visibile di un grande stupore
NINO ALONGI
Confessiamo: Andreotti è riuscito d´incanto, col suo
siparietto accattivante, a guastarci la serata televisiva più dei
festeggiamenti della Lega, del «francese» di Nania, delle certezze di La
Loggia, del pianto della Prestigiacomo.
I fatti di questi giorni,
segnati dal cambiamento della carta costituzionale, dall´approvazione di
una legge elettorale pasticciata, dalla discussione infinita sulla
finanziaria, gravata dai tagli e dai debiti, sono, il frutto certamente di
una cattiva gestione da parte di una maggioranza altezzosa quanto
incapace. Ma non solo. Gli eventi politici, che oggi vengono da più parti
stigmatizzati, sono anche il prodotto degli stravolgimenti dei padri, si
riconnettono agli errori gravissimi della prima repubblica, sono
espressione di quella mancanza di autorevolezza e di rigore che lo spot
del nostro senatore a vita, con macabra ironia, bene ha rappresentato.
Molti degli anziani, parlamentari, intellettuali, grandi elettori, che
piangono oggi sulla deriva costituzionale della Casa delle libertà o sulle
scorrerie della Lega, in realtà si portano dentro il peso di essere stati
o complici impenitenti o di non avere contrastato, pavidi testimoni, con
la necessaria decisione, gli abusi e la corruzione di tanti loro
colleghi...
Provate a guardare i nostri politici inquisiti o arrestati
che in questi giorni abbiamo visto sugli schermi televisivi. Dai loro
volti non traspare quasi mai l´ombra della vergogna, ma quasi sempre il
segno ben visibile di un grande stupore. Le contestazioni del giudice? Le
intercettazione? Il carcere? Non se l´aspettavano. E hanno ragione. Da
portaborse dei notabili, quelli che sono ormai pensionati o del tutto
scomparsi, hanno appreso e interiorizzato che l´attività preminente del
politico è quella di occuparsi di affari e che l´impunità, la più
assoluta, è una delle prerogative degli eletti del popolo. Ne sono stati
così sinceramente convinti da non avere mai avuto nella loro brillante
carriera problemi di coscienza. E lo ripetono ad amici e a familiari quasi
per farsi coraggio. In effetti hanno solo seguito il modello. La loro
colpa è semmai quella di averlo fatto in modo grossolano, senza
intelligenza, stravolgendo e contaminando ogni cosa e alla fine,
disorientati e confusi, manomettendo anche i simboli e il linguaggio
dell´antimafia.
Ripete l´assessore Fabio Granata a conforto della sua
parte politica: «La Sicilia di oggi, checché ne pensino a sinistra, non è
più quella del ‘92». E dice la verità. La Sicilia è sicuramente peggiorata
in questi anni. Le promesse della Casa delle libertà, tante e tutte
cariche di grande suggestione, si sono rivelate ingannevoli come il
luccichio accattivante e infido della modernità che raggiunge i poveri
cristi dei paesi affamati li attrae e poi lascia che il mare a suo
piacimento ne selezioni il flusso.
Gli eventi di questa settimana hanno
incattivito la politica, ma sono serviti paradossalmente ad aprire una
prospettiva nuova di impegno e di speranza. «Le primarie sono state - ha
scritto su questo giornale - Andrea Manzella - come tutte le grandi
invenzioni una scoperta casuale. Sperimentate per legittimare un leader,
hanno rivelato l´esistenza di una via per democratizzare la democrazia».
La partecipazione popolare, tanto esaltata nei riti ma tanto vanificata
nei fatti, praticamente sta vivendo nel Paese, proprio nel momento di
maggiore chiusura del palazzo, la sua stagione migliore.
Nell´Isola i
due candidati dell´Unione, che civilmente si stanno confrontando, in vista
della consultazione di dicembre, simboleggiano, in effetti, anche sul
piano fisico e professionale, questo profondo mutamento.
Rita
Borsellino e Ferdinando Latteri presentano un profilo umano e
professionale radicalmente diverso dal personale politico che abbiamo
visto assiduamente frequentare le stanze del potere. Questa è la grande
novità. Che la Borsellino venga dall´antimafia operosa e Latteri dalle
aule universitarie non è poco. La loro designazione non apre, però,
conflitti, semmai arricchisce il dibattito.
Tuttavia l´aspetto più
interessante di questa operazione è che tutto stia avvenendo non solo in
accordo coi partiti, ma anche col concorso determinante della comunità
cioè nel rispetto di quel «metodo democratico» che sembrava ormai rimosso
e confinato in cantina, sopravanzato dalla arroganza dei vincitori e dalla
retorica presidenzialista. Non è incredibile?
Che il Paese e la
Sicilia a dispetto dei governanti, stiano cambiando? Non ne siamo sicuri,
ma è una possibilità.