Sabato, 29 Aprile 2006
Operazione Giulio Caimano
Curzio Maltese
UN´ALLEANZA fra Berlusconi e Andreotti poteva finire soltanto
in due modi: o geniale o patetico. È rimasta a metà, un po´ più vicina al
patetico, al disperato "indietro tutta". Quanta paura però ha sparso nel campo
avversario. Prima di rivelarsi una tigre di carta, il patto fra il Caimano e
Belzebù incuteva timore e tremori. Sembrava la perfetta sintesi del
machiavellismo politico all´italiana. Ci pensate? Il dominus della Prima
Repubblica e quello della Seconda, la rete semi secolare di zio Giulio sommata
alla macchina da guerra e da soldi del Cavaliere. Di più, la spregiudicata
capacità di entrambi di tramare sempre e comunque, con qualsiasi potere, forte o
debole, palese od occulto.
Era nato un mostro mitologico e terrificante, Giulio Caimano o Silvio Belzebù.
Sarebbe bastato molto meno a scatenare i dietrologi. Ma ieri nei corridoi di
Palazzo Madama si è varcata allegramente la soglia già ampia della dietrologia,
per sconfinare nella pura leggenda metropolitana. C´era chi raccontava di voti
comprati per venti milioni di euro, "estero su estero", oppure in alternativa
ottenuti per pressioni dell´Opus Dei, di antiche fratellanze piduiste e di
cortesi ma fermi avvertimenti con accento siciliano, e chi sciorinava interi
Luna Park degli orrori politici, con scenari a metà fra satanismo e vaticanismo.
Altri ancora, più ottimisti sul livello di onestà dei senatori della Repubblica,
si limitavano a quello che De Mita avrebbe chiamato «un inesorabile ragionamento
politico». Una sorta di somma algebrica fra la tentazione del governissimo, le
divisioni dell´Unione, la capacità d´attrazione di Andreotti su neo centristi e
nostalgici della Dc, le lusinghe di vario genere di Berluscon i. Per arrivare al
risultato matematico che avrebbe ribaltato in un colpo il pronostico, il
risultato elettorale, la maggioranza e il futuro governo Prodi: Andreotti
presidente del Senato.
Geniale? Conta e riconta, com´è ormai consuetudine, i voti della minoranza sono
rimasti minoranza. Anzi, uno in meno del previsto. Il fantasma di Giulio il
Caimano si è dissolto all´alba, come i vampiri di un vecchio film in bianco e
nero. E´ riuscito a tenere in ostaggio Marini per un giorno ma non a far saltare
il banco.
È un raro spettacolo, in Italia, veder ansimare un´operazione machiavellica.
Quanto più sono spericolate e ciniche, tanto più funzionano. Questa poi era
machiavellica al cubo, roba da manuale dell´astuzia politica o da delitto
perfetto: forse troppo. In fondo, anche il segretario fiorentino ammoniva a
considerare la fortuna un elemento fondamentale per il Principe.
Quella fortuna che sembra aver abbandonato Berlusconi. Si è disegnato una legge
elettorale su misura, quasi ad personam, e ha perso settanta deputati per
ventiquattromila voti. Ora ha preparato con cura il numero da maestro e si
ritrova un pasticcio doroteo.
In caso di vittoria, la battaglia del Senato avrebbe rappresentato un clamoroso
ritorno in scena di Berlusconi e di Andreotti. Ma con una sconfitta rischierebbe
di segnare la fine politica di entrambi. Di sicuro per Giulio Andreotti, che
prima delle elezioni ha annunciato il voto per An, davvero coerente per uno che
si è inventato lungo mezzo secolo d´essere un padre della patria antifascista.
Adesso si è fatto trascinare a 87 anni sulla barricata di uno scontro che non
gli appartiene, ha insomma venduto il marchio per una manovra berlusconiana, e
quindi l´ha svenduto.
In compenso, si è scoperto che neppure il Cavaliere è così certo di governare
militarmente la minoranza. I malpancisti del centrodestra, che già ieri si
scorgevano a occhio nudo fra i senatori leghisti ma anche di An e Udc, sono
destinati ad aumentare. L´immagine esterna, di fronte agli elettori, ne esce
malconcia. Alla fine, il nuovismo berlusconiano si rovescia in quel che è sempre
stato: il vecchio che avanza, il residuo della Prima Repubblica riverniciato
dalle televisioni.
Il colpo di coda del Caimano è andato a vuoto o si è fermato a metà. Se Marini
passerà oggi, spianando la strada alla nuova stagione, Berlusconi rischia di
sperimentare la più famosa lezione di Andreotti: «Il potere logora chi non ce
l´ha».