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Marzo 2007
La Chiesa di Pascal che piace a noi laici
Eugenio Scalfari
LA QUESTIONE è diventata talmente chiara che
la stessa Chiesa italiana ha smesso di negarne l´esistenza: esiste uno scontro
aperto tra la Conferenza episcopale (cioè il maggior organo pastorale e politico
dei cattolici) e lo Stato italiano, la rappresentanza parlamentare, i vari
partiti e associazioni democratiche.
Due concezioni si contrastano, due culture ciascuna delle quali deve moltissimo
all´altra, si contrappongono e non soltanto sui modi per raggiungere un
obiettivo comune, ma sulle finalità stesse che vengono proposte. Gli ultimi due
papi scavalcando a piedi pari gran parte delle conclusioni e dello spirito del
Vaticano II e di fatto cancellando i due pontificati precedenti, quello di
Giovanni XXIII e quello di Paolo VI, hanno fatto dell´accusa di liberalismo e di
relativismo un tema centrale e l´hanno usato sistematicamente per sconfessare di
fatto l´intero valore della modernità, dal Rinascimento alla libera ricerca,
dalla scienza sperimentale allo stoicismo di Montaigne, al "Discorso sul metodo"
di Cartesio, all´ "Etica" di Spinoza, all´Illuminismo, alla "Critica della
ragion pura" di Kant e infine ai più recenti svolgimenti del pensiero filosofico
derivanti da Schopenhauer e da Nietzsche e agli esiti scientifici di Freud, di
Einstein e della fisica quantistica.
Tutto questo immenso deposito di pensiero e di sapere è impregnato di
relativismo nelle sue diverse varianti metodiche conoscitive ed etiche e tutto,
preso nel suo insieme, si è proposto di spodestare la metafisica dal vertice del
pensiero filosofico dove si era insediata a partire da Platone. Se dunque
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, pur dotati di diversa portanza e di diverso
linguaggio, hanno deciso di eleggere come nemico numero uno della cattolicità il
relativismo e l´Illuminismo e lo hanno ripetuto in gran parte delle loro
pubbliche allocuzioni e delle più solenni encicliche; e se Ratzinger appena
insediato sulla cattedra petrina, nella sua prolusione all´università di
Ratisbona ebbe nei confronti del fondamentalismo islamico accenti addirittura
meno severi di quelli riservati al pensiero moderno dell´Occidente, non è
purtroppo lontano dal vero parlare oggi d´uno scontro in atto tra cattolicesimo
e modernità. La Chiesa lo nega tenacemente.
E come potrebbe ammetterlo, visto che la sua missione è quella di stare tra la
gente, ascoltarne i dolori e le richieste, darle un progetto di sicurezza e di
salvezza senza mai separarsi dai diversi e dai peccatori? La Chiesa tiene ben
ferma questa sua missione perché essa costituisce il fondamento del messaggio
evangelico e della predicazione del Cristo e dei suoi apostoli. Ma la
contraddice tutte le volte in cui fa passare questa missione in seconda fila di
fronte ad altre incombenze che ritiene più urgenti per l´affermazione del suo
potere.
In realtà nella Chiesa cattolica ci sono due anime. Una è quella dell´Evangelo,
dell´amore, della misericordia, della povertà; l´altra è quello del potere,
della politica, dell´ "imperium". La prima spesso è perseguitata, sofferente e
tuttavia portatrice di salvezza nel regno futuro delle Beatitudini; la seconda
si sente forte e fonte unica e legittima d´investitura: investitura di verità e
insieme di potere terreno.
Nella Chiesa cattolica questa divisione tra le due anime è stata particolarmente
visibile per la struttura stessa della sua organizzazione centrata su un unico
personaggio che la rappresenta interamente per il fatto stesso di rappresentare
il Cristo incarnato e portare con ciò la presenza del Redentore. Nelle altre
chiese cristiane questa unità di comando non esiste e neppure esiste nelle altre
religioni monoteistiche: nell´Islam e nell´ebraismo. Probabilmente questa
duplicità del cattolicesimo questa sua doppia anima riunificata in una persona è
stato uno degli elementi che ne ha esaltato la dinamica e la capacità di
comprendere e di aderire ai mutamenti della società. Per capire a fondo le
persone, individui e comunità, bisogna avere l´attitudine e l´attrezzatura
psicologica per commerciare anche con gli interessi oltre che con i principi le
convinzioni e i dogmi. La Chiesa cattolica è stata la sola ad avere questa
vocazione e i frutti positivi ne sono stati copiosi per lei e per le popolazioni
che ne hanno seguito il messaggio e gli incitamenti.
Ma non è certo un caso se in anni più recenti la sua influenza si è ristretta
nel mondo occidentale ed è diventata assai più ampia in Africa e in America
Latina. Questo movimento di sgonfiamento e rigonfiamento ha proceduto di pari
passo con la secolarizzazione della società moderna l´affermarsi del concetto di
laicità nelle nazioni dell´Europa e del nord America. La vocazione missionaria
nel senso più ampio del termine della Chiesa cattolica ha finalmente sfondato in
quei paesi ancora immersi nella povertà e in mitologie tribali che la Chiesa ha
avuto la capacità di trasferire nel messaggio cristiano come del resto già aveva
fatto nel momento della evangelizzazione dei popoli germanici alla caduta
dell´Impero Romano.
* * * *
Il nemico è insomma il relativismo, la
rivendicazione dell´autonomia di ciascuno, la ricerca sperimentale della verità
che non esclude neppure l´inesistenza di un´unica verità assoluta. E di
conseguenza l´abbandono della trascendenza, antico rifugio contro l´insicurezza
del vivere e ultima istanza del giudizio finale tra buoni e cattivi, tra bene e
male.
Il pensiero laico è stato lungamente silente su questa diabolizzazione cui la
Chiesa l´ha sottoposto. Parlo del pensiero laico e non di quello anticlericale
che ne rappresenta una caricatura.
Il pensiero laico non ha mai escluso (e come potrebbe?) il mistero, l´Increato,
la necessità di dare un senso al nostro vivere. Si è sempre posto con estrema
serietà i problemi della vita e della morte. Non ha mai confuso il complesso
delle sue idee e delle sue convinzioni con la secolarizzazione consumista che è
fenomeno diverso e per molti aspetti deteriore. Per di più il pensiero laico,
anzi il mondo laico, non ha una struttura di potere, non ha associazioni proprie
che lo rappresentino, non parla "ex cathedra". Predica libertà, democrazia,
tolleranza. Perciò non ha alcuna responsabilità nello scontro che si è
determinato con la Chiesa se non per il fatto di opporsi alle pretese
ecclesiastiche di voler imporre ad una comunità dove convivono pacificamente
cattolici, laici e fedeli di altre religioni, istituti che vietino l´esercizio e
il riconoscimento dei diritti. Diritti di minoranze, certo, e proprio per questo
ancor più sacri e degni di riconoscimento e tutela.
Ieri si è svolta a Roma una manifestazione in favore del progetto di legge sulle
convivenze di fatto, sia eterosessuali sia omosessuali sia affettive tra amici e
parenti lontani. Come tutte le proposte, anche queste possono essere migliorate
ma non certo abolite. Questa sarebbe infatti una prevaricazione contro una
minoranza del tutto inaccettabile per ogni democratico responsabile. Proprio per
questo il documento dei sessanta parlamentari cattolici della Margherita in
difesa della propria autonomia rispetto alle ingiunzioni dei Vescovi sul voto
per le convivenze di fatto ha rappresentato un evento positivo e – senza
esagerazione – storico. Non accadeva da mezzo secolo che il laicato cattolico
politicamente impegnato prendesse una posizione di questo genere. L´episodio di
De Gasperi, quando bocciò la lista clerico-fascista nelle elezioni comunali di
Roma, proposta da Sturzo e caldeggiata da papa Pacelli, fu un atto di grande
importanza che aveva però come autore un presidente del Consiglio capo e
fondatore della Dc. Nel caso dei "sessanta" si è trattato di deputati e senatori
per lo più sconosciuti e tuttavia fieri dell´autonomia del loro rango
costituzionale e del loro impegno politico.
Gli avversari dei patti sulle convivenze di fatto cercano di dimostrare che quei
diritti sono in gran parte già riconosciuti dal codice civile e che quindi una
legge in proposito è del tutto inutile. Se la si vuole, la si vuole per dare
riconoscimento pubblico a quei diritti e a quelle coppie. L´obiezione è in parte
inesistente e in parte sbagliata. Inesistente perché la quasi totalità dei
diritti in questione deve essere affermata "erga omnes" cioè nei confronti dei
terzi, senza di che quel diritto è di fatto inesistente. Sbagliata perché il
riconoscimento pubblico di una situazione è un atto fondamentale che attiene
alla dignità delle persone ed alla loro riconoscibilità.
* * * *
Qualche giorno fa si è svolto nel salotto
televisivo di Giuliano Ferrara un dibattito di spessore su questo tema. L´ho
seguito con interesse; ho apprezzato la prudenza e anche il garbo con il quale
ha sostenuto le ragioni della Chiesa il cardinale Barragan, le efficaci
stimolazioni del conduttore il quale, per antica vocazione, vorrebbe che i suoi
invitati preferiti facessero a pezzi gli avversari e che il suo manicheismo
fosse fatto proprio da tutti i partecipanti non concependo lui, nella vita
pubblica, altra modalità per regolare i conti tra opposte convinzioni,
interessi, poteri. Ma ho soprattutto apprezzato l´intervento finale di Rosy
Bindi, coautrice con il ministro Barbara Pollastrini del disegno di legge sulle
convivenze di fatto ormai da tempo presentato in Parlamento.
Sul tema specifico si era già detto tutto e del resto esiste un testo
legislativo che non abbisogna di ulteriori spiegazioni. Di che cosa dunque
doveva parlare la Bindi a chiusura di quel dibattito? Ha parlato di
cristianesimo. Ha detto tre cose che mi hanno molto colpito e che voglio qui
riportare con la massima chiarezza così come mi sono arrivate.
Vorrei che la religione si occupasse soprattutto di Dio e di Cristo.
Vorrei una Chiesa pastorale che non solo vivesse tra la gente ma tra i diversi,
tra quelli che non la pensano come noi, che noi consideriamo peccatori, ma che
sono pur sempre uomini e donne come noi. In loro dobbiamo percepire esaltare
aiutare la scintilla divina che anch´essi possiedono al pari di noi. Che
cos´altro il Cristo ci esorta a fare? Ma è questo che stiamo facendo?
Tanti uccelli si posano la notte sui rami degli alberi e ne ripartono al
mattino. A volte ritornano, altre volte non più. Ma l´albero che li ha ospitati
ha comunque dato e ricevuto da ciascuno di essi qualche cosa, qualche
insegnamento e comunque la presenza di una vita.
Non so se questa conclusione d´un dibattito che si annunciava ed è stato
polemico sia piaciuta al suo turgido conduttore. A me, laico non credente, è
piaciuta molto. A me piace la Chiesa di Francesco e anche quella di Agostino,
quella di Bernardo, quella di Duns Scoto. Mi piace quella di Pascal e quella di
Maritain. Mi piace quella del cardinale Martini. Mentirei se dicessi che mi
piace quella di Camillo Ruini. Politicamente sarebbe forse stato un papa
migliore di Ratzinger. Ma la Chiesa ha bisogno di un politico sulla sedia di
Pietro?
Se è questo di cui ha bisogno, allora è perduta.