13/11/07
Marco Politi
Cambia in chiesa l´Ave Maria, ma rimarrà la stessa sulle
labbra dei fedeli. La nuova versione inizierà con un gioioso «Rallegrati, o
Maria», quasi una trasposizione verbale di quelle annunciazioni in cui l´Angelo
sembra irrompere sulla scena sconvolgendo una Madonna timorosa quanto umile.
«Rallegrati» sarà in italiano il saluto primordiale, che mette in moto il
Vangelo. In altre lingue è stato tradotto da tempo. «Hail», dicono gli inglesi.
«Sii salutata», suona in tedesco. «Io vi saluto, Maria», annuncia l´angelo
Gabriele in francese. Mentre lo spagnolo, più magniloquente, incomincia con «Dios
te salve, Maria».
Il passo della preghiera, come migliaia e migliaia di altre espressioni
liturgiche, è stato sottoposto dalla Conferenza episcopale italiana ad un
attento restyling per rendere il linguaggio dei riti il più possibile familiare
al fedele che ascolta (garantendo la massima rispondenza all´originale greco).
Ma sarà così soltanto per le letture che vengono fatte durante la messa. Per
quanto riguarda la preghiera pronunciata dai fedeli, le sue parole non
cambieranno. Troppo radicato e misteriosamente sacro è quell´«ave» ripetuto da
secoli nel momento del dolore, del bisogno, della speranza contro ogni speranza.
Perciò la Cei non ha voluto cambiare nulla.
Invece il Lezionario liturgico - frutto di un lavoro iniziato nel 2002 e che
ancora prosegue - è ricco di molti aggiustamenti, che i cattolici più attenti
alle sfumature potranno già avvertire dalla prima domenica d´Avvento. E´ stato
aggiornato anche il Padre Nostro. Ed è una modifica importante. Là dove la
formula tradizionale, dopo l´invito a rimettere i debiti ai debitori come il
fedele chiede per sé a Dio, continuava con il celebre «e non ci indurre in
tentazione», d´ora in avanti si reciterà: «e non abbandonarci alla tentazione».
La riformulazione ha un significato teologico. E´ pensabile, infatti, si sono
chiesti da tempo teologi ed esperti di liturgia, dire a cuor leggero che Dio
«induce» alla tentazione e quindi a peccare? Nemmeno il serpente nel paradiso
terrestre, a voler spaccare il capello, spinge Eva a prendere il pomo proibito.
Si limita soltanto a dire che se Adamo ed Eva ne mangeranno, diventeranno
«simili a Dio». Insomma la responsabilità ultima è dell´individuo lasciato nella
sua responsabilità dinanzi al bivio tra il bene ed il male. Ed ecco allora la
traduzione più misericordiosa (e teologicamente corretta): «e non abbandonarci
alla tentazione». Come se il cristiano dinanzi alle sabbie mobili dell´errore,
chiedesse l´aiuto del Padre che già guidò con braccio forte gli israeliti dalla
schiavitù alla terra promessa.
Sparisce, poi, dalla famosa esortazione all´impossibilità di servire due
padroni, l´ormai oscuro termine aramaico «mammona». I fedeli capiranno che
dovranno scegliere tra l´idolo della «ricchezza» e Dio. Ricchezza ingiusta, si è
affrettato a chiosare il segretario della Cei mons. Betori. E tuttavia i
traduttori hanno avuto anche tenerezza per l´eloquio popolare. Forse era più
giusto dire «briganti», ma chi potrà sradicare dalla memoria popolare l´immagine
dei «ladroni»?
Brigante sarà quello di Pinocchio, ladroni sono e rimarranno quelli - il buono e
il cattivo - che fanno compagnia a Cristo sul Golgota. Per non dire che di
ladroni sono pieni anche i giorni nostri.